DALL’INGABBIO ESTIVO A QUELLO AUTUNNALE/INVERNALE

di  A. Carrelli 

Il metodo dell’ingabbiamento dell’ape regina è una delle prime bio-tecniche di lotta alla varroa che l’apicoltura italiana ha messo appunto già agli inizi degli anni ‘90 quando a Castel San Pietro, dopo i primi anni bui del settore che era stato quasi affondato dall’acaro, se ne parlò. L’idea era semplice: colpire la varroa con un acaricida quando era tutta in fase foretica. Alla fine dell’estate si procedeva quindi a confinare l’ape regina in una gabbia, che permetteva il solo passaggio delle api, per circa 25 giorni cosicché anche la covata da fuco sfarfallasse. A questo punto si procedeva alla liberazione della regina e si faceva un trattamento acaricida. A pensarci bene è un metodo geniale per due grosse ragioni:

  1. la varroa è, come detto, tutta in fase foretica e quindi facilmente vulnerabile poiché non può nascondersi nelle celle opercolate;
  2. con una dose minima di acaricida è possibile abbattere quasi tutta la varroa presente (mettetevi l’anima in pace: qualcuna ne rimarrà sempre. È una caratteristica di tutti gli esseri viventi quella di voler sopravvivere). Dose minima di acaricida significa oltre ad un notevole risparmio di soldi soprattutto salute per le api poiché spessissimo le molecole chimiche introdotte nell’alveare scatenano inevitabilmente effetti collaterali molto negativi.

Da allora sino ad oggi vi è stato un fiorire di idee nella costruzione di varie gabbie e gabbiette per confinare la regina e la tecnica dell’ingabbiamento estivo si era abbastanza diffusa sul territorio nazionale ma anche presso molte realtà apistiche estere; in Francia, ad esempio, sono molti gli apicoltori che usano gabbie made in Italy. La bio tecnica non ha convinto però tutti gli apicoltori per diversi motivi:

  1. operare d’estate e anche in periodo di saccheggio non è così facile;
  2. organizzare l’ingabbio e poi lo sgabbio su un parco alveari consistente (anche di qualche migliaio) non è alla portata di tutti;
  3. gestire le fallanze: con l’ingabbio inevitabilmente si perdono un certo numero di regine che è sempre molto variabile (da poche unità a qualche decina per apiario) causa il modello di gabbia, livello ferormonico della regina, ecc.;
  4. il piano B, quello del trattamento con soli acaricidi, sembrava funzionasse bene.

Col passare degli anni sono cambiate molte cose in apicoltura: la varroa è diventata più “furba” e veloce nel compiere alcuni passaggi del suo ciclo e spesso presenta una virulenza maggiore; gli acaricidi di sintesi usati tendono a funzionare poco o nulla e a tutto questo si aggiunge anche una forte variabilità climatica degli ultimi anni che ha contribuito a ridurre i raccolti primaverili per spostarli un po’ anche a fine estate. Chiaramente, per poter raccogliere in tranquillità anche a fine estate bisogna avere le api con un carico di varroa sopportabile poiché le stesse si possano preparare anche alla fase di invernamento.


Bisogna arrivare a fine inverno con pochissime varroe
Le visite autunnali e vernine, ripetute anche ogni 15 gg, consentono di individuare i blocchi naturali della covata che ci agevolano nell’intervenire con trattamenti come ad esempio quelli a base di A.O. sublimato o gocciolato. I bocchi di covata non sempre coincidono con la fase del glomere o del periodo successivo infatti, ad esempio, nel 2015, in molti areali del centro sud, si sono verificati blocchi naturali della covata a metà ottobre. Nel 2014 invece i blocchi si verificarono a metà novembre; in ambedue i casi non vi era stata ancora una fase del glomere.
L’ingabbiamento invernale prolungato
Da un confronto con altri apicoltori professionisti, che hanno maturato molte esperienze all’estero, si è iniziato a lavorare al progetto dell’ingabbio invernale prolungato con la cosiddetta “Gabbia Ukraina”. Tecnica che sembra essere molto usata nell’est Europa. La cosa, a dire il vero, ci ha lasciato molto perplessi all’inizio per diverse ragioni. Una su tutte la preoccupazione che la regina, in inverno, possa subire danni. Perplessità subito passata poiché nell’est ingabbiano con inverni polari e per diversi mesi. Così nell’inverno 2013 si sono eseguite le prime prove a cura dei tecnici della rete UNAAPI. Prove già ampiamente discusse in diversi incontri (professionisti BG nel 2014, e pubblicazioni varie su l’Apis). I buoni risultati delle prime prove dell’ingabbio invernale fatte nel 2013 e quelle più estese fatte nel 2014 hanno convinto molti apicoltori a programmarlo anche nel 2015 dando anche molto spazio all’inventiva per la costruzione di nuove gabbie.
Tanti buoni motivi per fare l’ingabbio invernale prolungato
La “Gabbia Ukraina” confina la regina in uno spazio ampio che gli consente di muoversi e seguire l’eventuale formazione del glomere.

La poca bibliografia a disposizione metteva in risalto che il suo utilizzo anche per 4-6 mesi consentiva:

  1. un controllo efficacissimo della varroa e delle altre patologie di origine virale, batterica e fungina. In assenza di covata per un periodo molto lungo è più semplice colpire la varroa e sembra esserci un naturale abbattimento della carica batterica e virale vista la mancanza della covata;
  2. un consumo inferiore delle scorte. Chiaramente in assenza di covata le api consumano molto meno miele;
  3. vi è una ripresa primaverile molto bilanciata ed equilibrata dell’apiario poiché si va ad uniformare la partenza della deposizione visto che le regine si sgabbiano tutte insieme.
  4. La “Gabbia Ukraina” presenta due fori laterali per consentire sia l’immissione della regina nella fase di ingabbio che la sua uscita nello sgabbio. Il foro è piccolo e sia l’immissione della regina che la sua uscita sono a volte difficoltose; inoltre, i tappini si perdono facilmente. È possibile anche aprirla a libro, per facilitare lo sgabbio, ma è troppo complicato e richiede tempo. Nel mio caso, ritenendola poco funzionale alle mie esigenze me ne sono costruita una usando un telaino cm 43 x cm 25 x cm 1,6 e un’escludi regina in plastica da 10 che tagliata a metà chiude completamente la cornice. Alla gabbia vengono fatti due fori poi chiusi con i tappi dei coprifavi

Quando ingabbiare: Dopo aver eseguito il trattamento estivo è bene fare dello Z.A.V. (Zucchero A Velo) al fine di determinare il livello di infestazione di varroa poiché spesso i trattamenti estivi lasciano delle situazioni anomale di infestazione. Ho notato infatti che il 5-8% degli alveari continua a conservare livelli molto alti di varroa che chiaramente vanno ad innescare un processo di reinfestazione in tutto l’apiario. Eseguire un ingabbio anticipato e colpire la varroa affinchè non faccia altri danni è fondamentale per avere famiglie vive e belle a primavera. Se quindi il livello di infestazione è ancora alto è bene ingabbiare già agli inizi di novembre, anche perché spesso, in molte aree interne, l’inverno anticipa lasciando poco margine per riuscire ad ingabbiare un numero considerevole di alveari.

Ogni apicoltore deve quindi conoscere bene il proprio areale di riferimento per prendere le dovute decisioni.

Tempi di ingabbio per apiario: in autunno il volume delle api e della covata diminuiscono notevolmente e cercare una regina diventa molto più semplice; in una giornata ottimale una persona, con buona esperienza, riesce ad ingabbiare un apiario di 50/60 alveari. Prima di iniziare bisogna accertarsi che le porticine siano chiuse in versione invernale e i fondi ben inseriti per evitare inizi di saccheggio. Di solito dopo le 3-4 ore di lavoro le api si cominciano ad agitare e verso la fine del lavoro tendono ad innervosirsi. Pertanto è meglio lavorare in due su un apiario con più di 40 casse per accorciare i tempi.

Operazioni di bonifica: nel rivedere le famiglie a novembre per ricercare la regina si possono trovare sorprese come ad esempio:

  • regina fucaiola: l’arnia va subito chiusa e spostata per essere sistemata in secondo momento e lontano dall’apiario poiché può alimentare un saccheggio. In questo periodo tentare di recuperare una famiglia fucaiola è pressoché impossibile quindi si opta per ripulire completamente l’arnia sgrullando le api e riponendo i favi in luogo idoneo.
  • famiglie orfane: se il volume delle api è ancora considerevole si può inserire uno sciame estivo riequilibrando il nido.
  • controllo scorte: se non si è potuti lavorare bene nella fase di invernamento si coglie l’occasione per riequilibrare il nido che a volte può essere anche intasato dando poco spazio poi alla regina nella deposizione delle uova.
  • covata malata: Si fa pulizia anche di quelle famiglie che presentano covata malata chiudendole e portandole via per bonificarle magari in azienda.

Trattamenti previsti
L’ossalico sublimato o gocciolato offre ancora delle buone garanzie per abbattere la varroa in fase foretica. Il consiglio che mi sento di dare è che sarebbe meglio fare un trattamento dopo 7-10 giorni dall’ingabbio per evitare di portarsi avanti nei giorni a seguire la varroa già in fase foretica. Programmare almeno altri due trattamenti di cui uno dopo 21-25 giorni (ne bastano anche meno se all’ingabbio non si è notata covata fresca) e un altro appena prima o dopo lo sgabbio.

Quando sgabbiare
Dalle esperienze degli ultimi 4 anni si è visto che sgabbiando la regina a 60 – 70 giorni prima della posa del melario la famiglia fa in tempo a crescere per trovarsi con un volume di api adeguato al raccolto. Chiaramente questi tempi sono validi nella gestione degli alveari da destinare alla produzione di miele. Se invece servono alveari che producano favi di covata per sciami, api per pacchi o per cassettini di fecondazione meglio anticipare lo sgabbio, quindi occhio al vostro calendario lavori e di flora apistica. Circa 10-15 giorni dopo lo sgabbio si ripassa per verificare l’uscita della regina e si possono trovare tre situazioni:

  • regina uscita regolarmente che ha iniziato la deposizione spesso copiosa e regolare, in questo caso si può portare via la gabbia e ricomporre il nido;
  • regina rimasta nella gabbia: in questi casi meglio agevolare la sua uscita manualmente spingendola verso il foro facendo attenzione poiché potrebbe volare via facilmente;
  • regina morta: chiaramente rappresenta un problema poiché sostituirla in inverno è impossibile vista la mancanza delle stesse. In questi casi si può optare per una unione ad una famiglia con regina oppure inserire uno sciame;
  • generalmente meglio organizzarsi con un numero adeguato di piccoli sciami preparati ad agosto/settembre per rimpiazzare le orfane che mediamente non supera il 3% (le perdite di questo tipo sono accettabili anche perché spesso si tratta di regine deboli).

Tempi di ingabbio
L’obiettivo primario è liberare le api dalla varroa, pertanto si potrebbero tenere le regine ingabbiate anche solo 25/35 giorni per poter almeno gestire bene il calendario dei trattamenti. Nell’ingabbio invernale prolungato i tempi di ingabbio variano quindi in base alle esigenze e organizzazione aziendale.
Dove posizionare la gabbia
Il posizionamento naturale della gabbia sarebbe quello centrale ai favi presenti; si è visto che li dove non vi è praticamente la formazione di un glomere durante l’inverno, per effetto di temperature miti, si può posizionare la gabbia con la regina anche un po’ più esterna ma protetta almeno da un favo a scorte e da un diaframma.
Altre gabbie e altre esperienze
La grande attenzione posta su questa bio tecnica ha portato un apicoltore professionista abruzzese a brevettare una gabbia per meglio agevolare le operazioni di ingabbio e gestione della stessa. La gabbia è interamente in plastica molto resistente e può essere quindi anche lavata con idropulitrice a caldo per sanificarla dopo le operazioni. Per agevolare al meglio l’uscita della regina si possono aprire due grandi tappi laterali ed un coperchio superiore. La forma ridotta poiché rotondeggiante agevola anche il passaggio della regina dopo lo sgabbio se è posta al centro dei favi. Le gabbie quadrate che si lasciano al centro dopo la liberazione della regina è opportuno che siano tolte entro pochi giorni poiché la regina uscendo su un lato inizia la deposizione sui favi vicini facendo poi fatica a superare la gabbia per colonizzare anche i favi posti dall’altra parte rischiando così di perdere covata importantissima.

Novembre è anche il periodo per iniziare a fare lavori interni su sistemazione del materiale che sicuramente si è ammucchiato durante l’anno: pulitura e igienizzazione di casse, escludi regina e altro materiale del genere.

C’è il tempo di rileggere qualche numero di Lapis ma anche di qualche bel libro apistico come “L’APE forme e funzioni” di Frilli-Barbarini-Milani per approfondire molto bene gli aspetti morfologici delle api che spesso trascuriamo – “L’allevamento d’api regine” di Pasini-Falda per ben approcciare alla produzione delle regine – “Apiterapia” di Cristina Mateescu” che offre una presentazione di come usare i prodotti apistici per la nostra salute, di questo libro molte cose ci possono sembrare lontane ed esagerate ma ci fa comprendere di quanto nell’Est Europa l’Apiterapia sia diffusa e rappresenti un business importante.

 

Si ringrazia apascampania.it per la pubblicazione